Art. 13.
(Diritto alla salute e servizio sanitario).

      1. La custodia cautelare, la pena detentiva e le misure di sicurezza detentive devono essere eseguite nel rispetto del diritto alla salute delle persone, previsto dall'articolo 32 della Costituzione. Negli istituti penitenziari non devono essere operati trattamenti o poste in essere situazioni che siano contrari al senso di umanità e che siano, comunque, pregiudizievoli della salute psichica e fisica dei detenuti e degli internati.
      2. Tutte le persone in esecuzione di pena, misura di sicurezza e custodia cautelare, hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali. Tutte le persone predette, qualora già non lo siano, sono iscritte al Servizio sanitario nazionale presso l'azienda sanitaria locale (ASL) competente nel luogo in cui è posto l'istituto o in cui si trovano.
      3. Le regioni definiscono, di concerto con i provveditorati regionali della amministrazione penitenziaria, le modalità di attuazione dell'assistenza di cui al comma 2,

 

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sia generica che specialistica, secondo i princìpi della gratuità, della eguaglianza fra gli utenti e della continuità dei servizi attraverso la presa in carico dei singoli casi dall'inizio fino alla conclusione degli interventi di cura. La continuità dei servizi è assicurata sia attraverso il collegamento con il servizio che seguiva l'utente prima della detenzione, sia con quello che dovrà seguirlo successivamente alla conclusione della stessa.
      4. Deve essere assicurato un adeguato intervento di medicina preventiva nei confronti dei singoli utenti. Devono essere altresì assicurati la verifica del livello del rischio per la salute nelle situazioni detentive dei singoli istituti penitenziari e gli interventi adeguati per la eliminazione o, almeno, il contenimento del rischio stesso, attraverso la rimozione delle prolungate situazioni di inerzia, di limitazione del movimento e della attività fisica.
      5. Negli istituti penitenziari deve essere assicurato, di concerto con l'area sanitaria generale del territorio, l'intervento multidisciplinare del dipartimento di salute mentale, che deve potere contare su strutture interne distinte ed adeguate, sia ambulatoriali che di permanenza breve o prolungata.
      6. Fin dall'inizio della carcerazione, deve essere attuato l'intervento di assistenza e cura del disagio personale dei detenuti e degli internati conseguente all'inizio e al proseguimento della reclusione. A tale fine, in ogni istituto, è organizzato un servizio di assistenza psicologica e multiprofessionale per la intercettazione e la presa in carico psico-sociale e medica dei soggetti in crisi o a rischio suicidario, con il coinvolgimento delle strutture socio-sanitarie territoriali e del volontariato. Devono essere coordinati con tale servizio gli altri servizi dell'istituto, compresi quelli che svolgono le attività di osservazione e trattamento e quelli di cui ai commi 7 e 8. Devono anche essere mantenuti stretti contatti con il dipartimento di cui al comma 5.
      7. È assicurato l'intervento multidisciplinare del dipartimento delle dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope,
 

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nonché dei servizi alcoologici, che devono disporre di tutte le risorse che consentono lo svolgimento di progetti riabilitativi sia all'interno che, con preferenza, nei servizi pubblici o privati esterni.
      8. Ai detenuti e agli internati sono assicurati inoltre tutti gli interventi, realizzati all'esterno per le persone libere, per migliorare la qualità e la pertinenza delle diagnosi e delle cure in ambito oncologico, nei confronti dei sieropositivi da HIV e delle persone affette da forme patologiche con potenzialità infettive. Attraverso campagne informative collettive e interventi individuali sono favorite la consapevolezza dei rischi e la disponibilità agli interventi diagnostici relativi a queste patologie. Tali situazioni sono, comunque, tempestivamente segnalate alle autorità giudiziarie competenti a decidere sulla rimozione o sul differimento della situazione detentiva.
      9. In ogni istituto o sezione di istituto penitenziario per donne deve essere assicurata l'assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere. Se le interessate sono detenute o internate in custodia cautelare, in esecuzione di pena o di misura di sicurezza, la situazione è segnalata alla autorità giudiziaria competente per la immediata sospensione o differimento della situazione detentiva nell'istituto di pena o di prevenzione. Qualora l'autorità giudiziaria, se non è obbligata a fare cessare lo stato detentivo in carcere, rifiuti la revoca, la modifica o il differimento dello stesso, alle madri è consentito di tenere presso di sè i figli fino all'età di tre anni, salva, comunque, la applicazione degli articoli 30 e 63. Per la cura e l'assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido, di libero accesso per le madri, ed è altresì assicurato l'accesso ai corrispondenti servizi pubblici esterni.
      10. Negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia la direzione degli istituti appartiene al personale medico-psichiatrico. Lo stesso, con la collaborazione del personale paramedico e riabilitativo, provvede alla gestione dei reparti di accoglienza, assistenza e cura degli istituti. Il personale che cura l'ordine interviene
 

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all'interno dei reparti predetti solo se richiesto dal personale sanitario.
      11. I detenuti e gli internati hanno diritto ad essere visitati o a fruire, all'interno dell'istituto, di interventi sanitari da parte del medico di famiglia o, comunque, di personale sanitario di fiducia, salva, per gli imputati, la concessione di autorizzazione da parte della autorità giudiziaria competente, che può essere negata solo per particolari e motivate esigenze cautelari.